€ 30,00

 

Franca. Ediz. illustrata
di Antonella Barbera, Patrizia Fazzi, Fabio Leone,  2019,  Maurizio Vetri Editore
CINEMA
ISBN: 9788899782429
condizioni: NUOVO

Note:
Un’ overview sul cortometraggio Franca deve necessariamente partire dal titolo, poichè, se qualcuno lo avesse dimenticato, Franca è un voluto omaggio a Franca Rame e più precisamente alla Franca che ha subito una violenza sessuale nel 1973.

Il pretesto è uno spettacolo realizzato da Patrizia Fazzi dal titolo “Se l’arte è donna”; spettacolo multilingue in cui, tra le tante protagoniste, l’unica italiana è proprio Franca Rame.

Troppo pochi i 3 minuti per rendere un compiuto omaggio ad una protagonista assoluta del teatro italiano novecentesco ma sufficienti per farle una carezza, per tributarle un segno di affetto e di stima.

La narrazione visiva di questo brevissimo corto è come un continuo spostamento fisico, tangibile, dentro e fuori la mente e la memoria della protagonista: i close-ups, gli sfocati, gli avvicinamenti della protagonista alla camera fino a sottrarre luce all’obiettivo, sono stati i mezzi attraverso cui la donna diviene spazio e interiorità in soluzione di continuità.

Il buio spesso provocato dall’estremo approssimarsi dell’attrice all’obbiettivo ha la funzione evocativa di rimandare alla scena successiva con una dissolvenza a nero, quasi una porta oscura verso il ricordo di un’esperienza, buia anch’essa.

L’attrice si è mossa avanti e indietro nello spazio vuoto di questo grande appartamento alla ricerca delle ragioni di un vissuto non voluto, non accettato; esattamente come il videogame Snake che più si avviluppa e meno spazio lascia a se stesso, meno luce. La luce naturale di Palazzo Militello, con le sue tante finestre esposte in tutte le direzioni cardinali si è prestata facilmente al raggiungimento di un incarnato sempre candido e delicato, quasi infantile.



A proposito di questo, la scelta dell’attrice Adriana Lunardo è stata dettata in parte dalla precedente esperienza teatrale

che le ha visto interpretare la parte della stessa Franca Rame, in gran parte però è stata motivata dalla limpidezza del suo giovane sguardo e dall’evidente contrasto ossimorico che esso genera in opposizione all’immagine della stessa Rame, all’epoca dell’abuso già quarantenne.

E’ sempre presto per subire un abuso.

Il testo si muove nello spazio in armonia con la protagonista: si muove nelle stanze della mente spesso trovandosi di fronte ad un muro, ad una porta chiusa, ad una stanza buia, senza soluzione. Le analogie, gli interrogativi, i ragionamenti della giovane donna in scena non funzionano mai. Non è una colpa essere sorridente, essere bella, e a nulla vale ricorrere alle solite domande rituali, alle domande che si pongono “tutte”, che si pongono “sempre”.

La scena della violenza, stlizzata in un ondeggiamento delle due figure in controluce, dentro una stanza ormai vuota è sempre parte della memoria, è parte della rielaborazione della protagonista.

La candela che si spegne brutalmente, man mano che la stessa scena si “consuma”, è la voce più forte del momento sebbene tutto nella narrazione sembra tacere.

Non tace nulla invece: la colonna sonora c’è ma non si “sente” poiché è flebile fruscio, editato appositamente, impercettibile ma presente.

Audio “a vuoto” simbolico, volutamente ripreso con i microfoni posizionati in alto, nelle stanze vuote. Buio e silenzio ai quali si aggiunge, come necessaria condizione, il “vuoto”.

La luce albeggia nel corto soltanto dopo la violenza; dapprima come debole fiammella di candela accanto al corpo maltrattato della protagonista, quasi ad auspicare un ritorno alla realtà ma anche alla vita, passato un incubo; successivamente la luce sarà sempre maggiore, seppure nei suoi diversi gradienti fino a culminare nella penultima scena in cui la protagonista, a testa bassa e con la mano a interrompere il pianto, se ne vergoga.

Il giorno porta con se le evidenze di “un disastro” e la constatazione che i lupi hanno davvero rubato qualcosa di importante, di inconoscibile; la protagonista piange, guarda in camera, abbassa la testa un’ultima volta.

Buio

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