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In principio fu Petra. Il volto del popolo ennese visto da Nino Savarese
di Mariangela Romano,  2021,  Maurizio Vetri Editore
SAGGISTICA
ISBN: 9788899782801
condizioni: NUOVO

Note:
Introduzione



Questo saggio nasce dall’interesse nei confronti dello studio delle opere di Nino Savarese, scrittore ennese.
Nino Savarese fu un uomo dall’atteggiamento schivo e scontroso, solitario, ma anche scrittore nobile e severo. Egli ci ha lasciato una produzione letteraria in cui le storie e i personaggi rispecchiano la società a lui contemporanea, ma sono anche frutto di fantasia, espressione di una vera e propria fuga dalla realtà.
Savarese rimase sempre legato emotivamente al tanto amato altipiano di Enna, ai miti e alle memorie dell’antica città che per merito suo stava per diventare, intorno al 1927, il centro di un movimento letterario siciliano. Tuttavia il periodico “Il Lunario Siciliano” ebbe vita breve, fino al 1931, quando la sede venne trasferita prima a Roma e infine a Messina.
La morte lo colse l’8 gennaio del 1945 in una Roma attraversata da incubi di ogni sorta, in un’Italia divisa in due, travagliata dalla guerra imperante e dall’ignominia di essere vilmente sottomessa allo straniero.
Savarese trascorse il suo tempo migliore e i suoi giorni più sereni nella villa di San Benedetto, fonte di pace e tranquillità per il suo spirito. Nella solitudine di questa rocca scrutò il mistero dell’infinita creazione con occhi velati di malinconia:

Ho camminato senza compagni sulla terra ed il vento ha cancellato le mie orme...
Sullo sfondo d’un cielo turchino vedo il mio altipiano; scendono tra il verde dei suoi fianchi e le vie battute come nastri da un cesto ed una striscia di case biancheggia al sole… sei ancora in me con tutte le tue voci, con tutte le tue luci, con tutte le tue forme fatte piccole e umili perché io le cogliessi e le portassi ovunque nel mio ricordo…

Figlio di una terra alla quale rimase emotivamente legato, anche quando fu costretto ad allontanarsene, fu sempre in grado di interpretare l’anima della sua Enna, città che ha avuto il privilegio di dargli i natali ed è stata fonte di ispirazione delle sue opere, che ritraggono con cura e amore il colore ed il calore della vita siciliana.
Il ‘regionalismo’ di Savarese è ricerca introspettiva delle proprie radici. Per questo gli eroi e i personaggi delle sue storie sono veri e vitali, umani e quindi universali, pur conservando il proprio colore locale.
Nei Fatti di Petra vengono raccontati episodi a partire dalle origini mitiche della città e dalla rivolta antiromana guidata da Euno, lo schiavo siro che nel 140 a.C (come ricorda la lapide dettata da Mario Rapisardi per il palazzo di Città) mostrò ai legislatori del mondo che gli schiavi non erano cose, ma uomini. Il romanzo giunge agli eventi dei giorni nostri che, con la chiusura dell’opera dei pupi e con l’apparizione della donna volante nel recinto del Luna Park, segnano la fine di un’epoca.
Il lavoro di Savarese, analizzato attraverso il passaggio dal manoscritto al dattiloscritto, propone un ritorno ai classici come raffinato esercizio di stile e ricerca della parola. L’autore fonde la spontaneità del frammento vociano con la razionalità classica della tradizione rondista, i cui insegnamenti sono riflessi nelle sue opere.
Nei Fatti di Petra l’autore non svolge più un racconto mitico accompagnato da impennate della fantasia, ma presenta lo spettacolo naturale della città e del mondo sociale di Petra, luogo in cui tutti possono proiettare i propri sentimenti, ansie, paure, causa di un mondo bigotto che soffoca il sogno di libertà.
In particolar modo, questo libro descrive il manoscritto I fatti di Petra, pubblicato nel 1937, precedentemente intitolato Storia di una città.
È un vero percorso di analisi, nei suoi aspetti tematici e filologici; uno studio dettagliato delle carte di cui è composto il manoscritto-dattiloscritto del romanzo, custodito presso la biblioteca Comunale di Enna.

Il testo manoscritto è stato analizzato con molta cura e attenzione, un lavoro filologico alquanto travagliato poiché il romanzo in origine presenta numerose cancellature, correzioni lessicali, riscritture di interi brani, pagine totalmente cassate.
Complessivamente si tratta di una stesura alquanto distante da quella definitiva, anche se a essa prossima, come prova la presenza di una sezione dattiloscritta. Da questo lavoro emerge non solo la visione di Petra, secondo l’autore, linfa di sogni, ma anche la ricerca e la professionalità stilistica che ha permesso a Savarese di eseguire uno slancio letterario ( dal racconto al romanzo storico).
Uno scrigno letterario che racchiude il fascino straordinario di quella che fu Petra, la nostra Enna, la nostra terra, la culla dello scrittore, rifugio per chi vi abita, terra nostalgica per chi è passato da qui anche solo per un giorno, fonte di arricchimento del sapere e sprone alla vocazione letteraria per chi come Camilleri ne ha colto il senso della bellezza.
Nino Savarese presenta un paese segnato da riti, feste, eventi che rendono il territorio quasi fiabesco, tuttavia sulle carte si intravede il volto di un Popolo che riempie le piazze, le chiese, le strade. Un popolo segnato ora dal furore, ora dalla rassegnazione, dalla saggezza, dalla superstizione; un popolo che sconta la sua decadenza, un popolo che narra la sofferenza di quel periodo, il terrore della guerra, un disastro che si posa su commerci fermi, raccolti magri, disperazione.
Tuttavia emerge la contrapposizione tra il fascino discreto della saggezza e il distacco dalla guerra che dilaniò la sua terra. Un territorio diviso in due: da un lato la vita semplice dei contadini, dall’altro il mondo moderno caotico, tecnologico che distrugge gli animi di coloro che sono provvisti di razionalità e determinazione.
Ma l’opera presenta anche il rimpianto di una terra come la Sicilia, troppe volte ferita dall’uomo, occupata da arabi, barbari, normanni; la Sicilia è terra di passaggio ma anche culla e rifugio di chi non vuol andare o di chi va e poi vuol tornare.
Inoltre nei Fatti di Petra si coglie il senso di ordine, di semplicità, il distacco dal materialismo, il ritorno alla visione della natura come bellezza, alla fanciullezza come rifugio da tutto ciò che opprime, che rende passivi e ridotti al vuoto leopardiano.
Lo scrittore non sottolinea solamente la problematica dei saccheggi, delle rivolte, delle guerre, delle conseguenti sofferenze, ma mostra la fugacità del tempo che porta via ogni gesto, ogni pensiero più intimo, facendo trascolorare ogni cosa. Tra le righe del romanzo si coglie come un sereno e attenuato pessimismo che conduce il lettore alla riflessione sulla monotonia, l’abitudine, il senso di apatia e rassegnazione.
Savarese esprime il nostalgico desiderio di un ritorno alla primitiva purezza di una natura non ancora profanata dall’egoistica malvagità degli uomini che l’hanno sostituita con guerre e carestie (basti pensare al colera del 1845, che annienta il mondo petrese).

È da considerare il fatto che Petra si apre all’età moderna. Nella città “parte in piano, e parte sopra una piccola altura” giungono il lume a petrolio e quello a gas, la ferrovia, l’energia elettrica. una “Donna volante” su un pallone aerostatico.
Giungono anche contrasti sociali nuovi; non sono più solo i braccianti a patire la soperchieria, ma anche gli operai per la costruzione della nuova galleria ferroviaria. Petra cambia, ma il racconto di Savarese parla di uomini. E gli uomini – come le loro miserie e le loro virtù – non cambiano.

“C’è la casa sfacciata sul mercato, coi letti che si vedono dalla strada… c’è la casa povera e vergognosa, dove non giunge mai nessuno, alla quale non si avvicinano né venditori ambulanti né accattoni… c’è la casa opulenta, ma di gente dozzinale, che trasuda tutta di grassi commerci…”
E ci sono anche “case di donne sole che guardano la vita della città da uno spiraglio del balconcino socchiuso, come da una sponda di rinunce e l’amore come una fiammella che illumina sempre più lontano, e lontano si estingue a poco a poco.”

L’Italia e la Sicilia oggi avrebbero bisogno di un novello Euno capace di riscattarle e di un nuovo Ercole capace di liberare le nostre città dai Lestrigoni che le hanno occupate rendendole invivibili.
La storia di Petra è la storia di tutte le città siciliane, una storia di lotte interne, di campanilismo, di famiglie che si contendevano il potere, di ricchi sempre più ricchi, di poveri sempre più poveri.
L’autore vuole così interpretare l’anima degli uomini e delle cose con parole misurate, non limitandosi a narrare un susseguirsi di episodi storici ma anche cercando di veicolare attraverso il romanzo l’eredità di virtù quali la forza, il coraggio, la resistenza davanti un mondo che spesso soffoca ogni libertà, ma anche ogni forma di poesia.
Eppure Savarese ci mostra anche il volto di un popolo Ennese che spera, che ha sempre sperato, che si è sempre rialzato nonostante le intemperie della vita. Ecco che lo scrittore va al di là del fatto singolo, per cavar fuori il senso profondo della vita Ennese.
Leggendo i fatti di Petra, si intravede una nuova Enna, fantastica, storica, un paese segnato da trasformazioni, invenzioni che si incontrano con la grande Storia; ciò conduce ad una profonda riflessione filosofica sulle sconfitte e sulle vittorie di tutti gli uomini.
Tutti noi, Popolo Ennese possiamo rivederci nei personaggi di Petra, tutti noi siamo uomini che abbiamo lottato, abbiamo sconfitto la fame, la miseria; tutti noi possiamo definirci Eroi della Patria, quella stessa patria che ci fa piangere quando le diciamo Addio, quella stessa Patria che non ci fa prendere sonno quando la nostra mente è occupata dai ricordi dei nostri cari che hanno lottato per un pezzo di pane, che hanno portato con orgoglio i loro sacrifici trasmettendoli alle nuove generazioni, quella stessa patria che non vediamo di rivedere ogni qualvolta ce ne distacchiamo.

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